Babbaluci 'cu l' agghia e 'u pitrusinu |
“babbaluci a sucari e fimmini a vasari nun ponnu mai saziari” (lumache da mangiare e donne da baciare non saziano mai!).
Ingredienti
1 kg di lumache
5 spicchi d’aglio
Un mazzetto di prezzemolo
Olio extravergine d’oliva
Sale e pepe q.b.
Procedimento:
Lasciare in ammollo per tre giorni (prima della cottura) con acqua e mollica di pane grattugiata.
Avendo cura di cambiare l'acqua e la mollica per due giorni, il terzo solo acqua.
Questo permetterà l'eliminazione degli escrementi delle lumache, questo procedimento usato anche dai francesi per la preparazione delle loro famose "escargot" viene detto anche procedimento per far spurgare le lumache.
Lavare accuratamente le lumache in abbondante acqua corrente, quindi metterle in acqua in un grosso tegame del quale inumidirete i bordi per impregnarli con il sale (quest’espediente non permetterà alle lumache di fuoriuscire dal tegame). A questo punto mettere sul fuoco a fiamma bassa e non appena le lumache usciranno dal guscio aumentare la fiamma, aggiustare con un po’ di sale e portare a bollore. Far cuocere per una decina di minuti. Quindi sciacquarli in acqua corrente e mettere da parte.
Intanto preparare un soffritto con abbondante olio, l’aglio tagliato grossolanamente, (o semplicemente in camicia schiacciato) e il prezzemolo tritato. Aggiustare di sale e pepe e aggiungere le lumache risciacquate. Far cuocere, a fiamma moderata, per circa dieci minuti e servire spolverando con pepe e abbondante prezzemolo tritato.
I nostri babbaluci, dovranno essere accompagnati immancabilmente ed esclusivamente da un buon bicchiere di vino o birra. A tal proposito un altro proverbio siciliano ricorda che: “cu mancia babbaluci e vivi acqua , sunati li campani picchì è mortu”, ovvero mai bere acqua per accompagnare questo piatto. L’origine della parola babbaluci deriva dall’ arabo babush (lumaca) per la somiglianza dell’involucro delle lumache alla scarpe orientali che hanno la punta rivolta verso l’alto. Infatti in siciliano ancor oggi chiamiamo babusce le pantofole.
Uno dei proverbi siciliani sulle lumache recita: “babbaluci a sucari e fimmini a vasari nun ponnu mai saziari” (lumache da mangiare e donne da baciare non saziano mai!). Questa massima sta ad indicare quanto i siciliani apprezzano a tavola le lumache. La ricetta di cui parleremo è una specialità palermitana, ed è uno dei simboli culinari del Festino
Quest'anno si celebrerà il 390° Festino di Santa Rosalia, Patrona della Città di Palermo. U fistìnu 2014 con Tradizionale Corteo storico, in un mix di folklore e religione che trova il suo culmine nei tradizionali fuochi d’artificio. Autentico scrigno di tradizioni, il Festino di Santa Rosalia, patrona di Palermo è un evento che attira in città decine di migliaia di turisti. Esso celebra la liberazione della città dalla peste del 1624, in seguito al ritrovamento delle reliquie della Santuzza sul Monte Pellegrino. Il primo festino fu voluto dal cardinale Giannettino Doria nel 1625, nel corso dei secoli la festa ha saputo rinnovarsi mantenendo però inalterato tutto il suo fascino e la sua tradizione.
La notte tra il 14 e il 15 luglio migliaia di palermitani accompagnano la lunga marcia del Carro della Santuzza, e si muoverà dalla Cattedrale e al Foro Italico, passando prima per piazza Bologni, Quattro Canti e Porta Felice, porta è l'ingresso dal lato mare al quartiere Cassaro. Un mix di folklore e religione che trova il suo culmine nei tradizionali fuochi d’artificio che illuminano a giorno il foro Umberto I fino alla Cala. Davanti a questo ben di Dio il palermitano continua la giornata, contemplando gli immancabili fuochi d’artificio, che si concludono con la sonora ed attesissima masculiata (i botti finali ravvicinatissimi e assordanti tanto amati dai palermitani).
Le tradizioni culinarie. Durante le celebrazioni si consumano pietanze che fanno parte della tradizione popolare palermitana: la Pasta con le sarde (la pasta chî sardi), i babbaluci (lumache bollite con aglio e prezzemolo, vedi ricetta sopra), lo sfincione ('u sfinciuni), il polpo bollito ( 'u purpu), calia e simenza ( 'u scacciu), la pannocchia bollita (pullanca) e l'Anguria (detto 'u muluni).
La Festa di Santa Rosalia (u fistinu in siciliano)
La Festa di Santa Rosalia È una delle celebrazioni religiose siciliane ad essere ufficialmente riconosciuta come patrimonio immateriale d'Italia dall'Istituto centrale per la demoetnoantropologia, ente istituito con decreto del presidente della Repubblica del 26 novembre 2007 n. 233
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